Perché il feltro?

“Molti mi chiedono perché lavoro il feltro e come ho iniziato; qualcuno addirittura mi chiede se non mi sono ancora stancata e quanto prevedo di continuare.

Io rispondo che gli incontri fondamentali con qualcosa o qualcuno accadono spesso per caso e quando vi si scopre qualcosa di speciale si decide di continuare su quella strada: il caso e la scelta consapevole si incontrano, come nel feltro stesso coesistono la casualità del risultato finale e la consapevolezza dell’artefice.

Vi è un che di potente e di magico (cioè di sapiente) nel trarre dalla materia prima un risultato completamente diverso e unico, qualcosa che sfugge sempre e che continua a mostrare infinite possibilità di esplorazione, anche dopo anni di pratica della tecnica.

Da fibre di lana originariamente disunite, leggere e fragili, per l’azione congiunta di vari elementi tutti necessari e compresenti, si ottiene un materiale coeso, impermeabile, non lacerabile, resistente tanto da poter essere usato come protezione da intemperie, fuoco e armi.

Si tratta di un processo irreversibile, di una materia indivisibile che nasce dalla debolissima fibra dell’animale più mite, la pecora, attraverso una lavorazione che deve seguire fasi alterne in modo preciso per riuscire al meglio: è più veloce rispetto al tessere e intrecciare, ma velocemente non può essere ben fatta e nemmeno può essere recuperata in caso di errore… Indietro non si torna!

Ritengo il feltro una metafora dell’imprevedibilità della vita: ci illudiamo di poterla controllare, ma gli esiti non sono mai esattamente come avevamo previsto.

Inoltre operare con un materiale di antichissime origini e di profondo contenuto simbolico, che da lontane culture è giunto fino a noi, pone su una strada ricca di storia da declinare in chiave moderna e allo stesso tempo libera dalla presunzione di aver inventato qualcosa di nuovo che troppo spesso fa dimenticare l’importanza di ciò che abbiamo ricevuto.”

 

 Cristiana Di Nardo